lunedì 22 settembre 2014

Il giovane favoloso, diretto e reinterpretato da A-blog ( terza e ultima parte )

Terza e ultima parte ( segue le precedenti )

A Roma, lo zio Carlo lo accolse con tutti gli onori ("Ao, anvedi sto bamboccione quant'è cresciuto!"), ma su Leopardi l'imprinting della città eterna fu deludente.
"Tutto qui?!" pare abbia esclamato appena messo piede a Termini.
"Mi sembra che questa città sia piena più che altro di burini."

Rimase a Roma un annetto, durante il quale si atteggiò a superiore altezzoso e non degnò nessuno di uno sguardo.
"Per caso è di Firenze, quel gobbetto laggiù?" si chiedevano gli intellettuali.
"Macchè, viene da Recanati."
"E allora cosa c'ha da darsi tutte quelle arie?"

Ma faceva parte del carattere di Leopardi sentirsi superiore.

Per ammazzare il tempo, frequentava studiosi rigorosamente stranieri e scriveva a suo fratello:
"Caro Carlo, qua è una noia mortale, le ragazze sono quel che sono (oltretutto non capisco perché non mi si avvicinano neanche) e l'unica emozione che ho provato è stato quando ho visitato la tomba di Torquato Tasso. Torno a casa, tanto alla fine stare qui o stare a Recanati cambia poco".



Palazzo Leopardi


"E' tornato lo sfigato!" urlarono i ragazzi al circolino quando lo videro rientrare, zaino in spalla.
Leopardi era stravolto perché, ora che la rivedeva bene, Recanati gli faceva più schifo di prima e non sopportava l'idea di essere tornato da solo in quella panoramica prigione.
Dalla rabbia perse anche la vena poetica  e si buttò sulla prosa ( Operette morali ). Smise del tutto di farsi vedere in giro e il massimo che si concedeva era una boccata d'aria sul terrazzo, a cercare di adocchiare Teresa Fattorini, la figlia di un dipendente di suo padre che abitava proprio nella palazzina di fronte alle sue finestre.
"Babbo, c'è uno alla finestra che mi punta sempre"
"Lascialo stare Teresa, è Giacomo, il figlio primogenito del conte.
"Sarà anche figlio del conte, ma a me con quella gobba fa proprio impressione"
"Però hai visto che fronte alta c'ha? E' segno di una grande intelligenza e poi da che mondo è mondo i gobbi portano fortuna", la tranquillizzava il padre.

Ella (lieta e pensosa) tornava alla faticosa tela, felice di quel vago avvenir che in mente aveva. Giacomo, finita la pausa, rientrava nel suo appartamento e si ributtava alle sue sudate carte.
Non ebbe mai il coraggio di avvicinarla, di dirle una sola parola e solo dopo che Teresa fu morta precocemente di tubercolosi, egli compose un grande idillio nel quale si rivolgeva a lei chiamandola Silvia e simulando un'amicizia mai esistita.


Teresa Fattorini - Silvia

"Vado a Milano per lavoro" disse un giorno a pranzo
"Lavoro?!" trasecolò la madre "Ma se la mattina non ti degni neanche di tirare su le coperte!".
"L'editore Stella mi ha proposto di curare una pubblicazione delle opere di Cicerone".

Ma a Milano, Leopardi non si trovò bene. L'umidità gli dava noia, la nebbia lo rendeva uggioso e di fidanzate neanche il puzzo.

Finalmente trovò un po' di pace a Firenze. Nella città toscana strinse amicizia con tutto il gruppo di letterati.
" Piacere Niccolò Tommaseo. Benvenuto a Firenze mi chiamo Giovanni Battista Niccolini.E' un piacere conoscerla sono Pietro Colletta. Anche lei qui sono Alessandro Manzoni."

Era Manzoni appunto.
"Maestro! Cosa ci fa lei a Firenze?!"
"Lavo i panni!" rispose quello, sganasciandosi in una grassa risata.

Purtroppo Recanati lo attendeva. Il suo corpo lo costrinse all'immobilità assistita e Monaldo fu ben felice di riaverlo a casa.
Giacomo invece era così depresso e disilluso,
A me la vita è male mormorava quasi del tutto cieco.
"Su Giacom, non abbatterti in questo modo, cerca di reagire"
E' funesto a chi nasce, il dì natale ribatteva il poeta.


Monaldo

Per la fortuna dei posteri, egli riuscì a trovare il tempo di comporre i suoi canti più famosi: Il Passero solitario, la quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il Canto di un pastore errante dell'Asia.

Di li a poco rifece la valigia e ripartì per Napoli, seguiva un certo Ranieri che aveva insistito per averlo ospite nella città vesuviana.
"Speriamo che le temperature meridionali e una buona pizza mi siano d'ausilio" si augurò Giaky.
Ma che non stava troppo bene si capì dal titolo che attribuì a una delle sue ultime composizioni (Paralipomeni alla Batracomiomachia).

"Ti senti male?" gli domandò Ranieri.
Giacomo però, confortato dal calore dell'amicizia, si ringalluzzì e fece in tempo a scrivere anche La ginestra e il fiore del deserto,sorta di struggente testamento spirituale, dal quale viene fuori un messaggio di incredibile messaggio di speranza.

Egli ipotizzò per la prima volta che solo l'unione tra gli uomini salverà gli uomini stessi.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo/vuoi di novo il pensiero,/ sol per cui risorgeremo/ dalle barbarie in parte, e per cui solo/ si cresce in civiltà, che sola in meglio/ guida i pubblici fatti.

Sono parole che commuovono, come commuove raggiungere Recanati, parcheggiare l'auto fuori delle mura, attraversare davanti al portone di Palazzo Leopardi, pagare un biglietto che mantiene quello che promette e varcare la stessa soglia varcata da Giacomo, che fece di tutto per recidere il cordone ombelicale, ma che della sua città ha attinto tutta la sua energia e lasciato un'incredibile forza.

Al 16 ottobre
Buona visione da A-blog

ps. Lo so. Non è più il caso che io frequenti Recanati...


Nessun commento:

Posta un commento