Non tutti sanno che il principale rivale del risotto alla "milanese" è il risotto alla "marchigiana".
Vi chiederete perché mai concorrente del più famoso "milanese"?
Ma perché è proprio a Milano che si può gustare il migliore e originale "risotto alla marchigiana" che esista.
A prepararlo a puntino è lo chef Luigi Magni (per niente stellato!) proprietario insieme al Signor Celestino del ristorante
Stefano il marchigiano
video
Il locale milanese/marchigiano non è centrale ne "alla moda", ma vi garantisco che non avete mai mangiato un risotto tanto buono, delicato, intenso e naturalmente colorato.
Gia! Perché il "risotto alla marchigiana" è verde, che, solo a guardarlo, ricorda perfettamente i colori e i profumi delle nostre amate colline marchigiane.
Certo suona strano, arrivare a Milano... ma vi rassicuro.
Se vi è venuta voglia di "risotto alla marchigiana",
Coraggio!
Studiate il video della ricetta originale e mettetevi all'opera.
VIDEO DELLA RICETTA
Niente vi farà sentire più orgogliosi di essere marchigiani!
lunedì 20 ottobre 2014
martedì 30 settembre 2014
Voglio un uomo 'profitterol'
Quando qualcuno mi chiede com'è il mio uomo ideale, prontamente rispondo:
'Voglio un uomo 'profitterol' ...dolce ma con le palle!'
La tecnica di associare gli uomini ai dolci, non è mica solo mia, anzi.
Nelle interminabili chiacchiere con amiche e colleghe, gli argomenti più diffusi sono quelli riguardanti i maschi e le ricette (proprio come le ben più famose donne e motori dei maschietti).
Si, perché un dolce possiamo modellarlo, plasmarlo con le dita.
Solo aggiungendo o togliendo un ingrediente, abbiamo la possibilità di renderlo più adatto ai nostri gusti e alle nostre esigenze.
Un uomo, purtroppo, no.
O meglio, ci stiamo lavorando, ma credo che la maggior parte di noi non ci sia ancora riuscita.
Allora come si fa a sopravvivere alle due cose che le donne amano di più al mondo?
Con Ironia e preparazione.
Nasce così l’idea della mia amica e collega marchigiana, Francesca Monaco e del suo:
Manuale di sopravvivenza agli uomini e ai dolci
Un ironico viaggio nella preparazione di una serie di dolci alla portata di tutti (maschi inclusi...)
Storie, consigli pratici e ricette (dolci) spiegate passo passo per rendere più golosa la colazione, la merenda, ma anche un pranzo o una cena in coppia o con amici.
Bellissimo! e che ridere...
L'uomo 'profitterol' magari non lo trovate...nel frattempo potete iniziare a imbiancare di zucchero le vostre splendide labbra ( e anche tutta casa!)
Grazie Francesca!
'Voglio un uomo 'profitterol' ...dolce ma con le palle!'
La tecnica di associare gli uomini ai dolci, non è mica solo mia, anzi.
Nelle interminabili chiacchiere con amiche e colleghe, gli argomenti più diffusi sono quelli riguardanti i maschi e le ricette (proprio come le ben più famose donne e motori dei maschietti).
Si, perché un dolce possiamo modellarlo, plasmarlo con le dita.
Solo aggiungendo o togliendo un ingrediente, abbiamo la possibilità di renderlo più adatto ai nostri gusti e alle nostre esigenze.
Un uomo, purtroppo, no.
O meglio, ci stiamo lavorando, ma credo che la maggior parte di noi non ci sia ancora riuscita.
Allora come si fa a sopravvivere alle due cose che le donne amano di più al mondo?
Con Ironia e preparazione.
Nasce così l’idea della mia amica e collega marchigiana, Francesca Monaco e del suo:
Manuale di sopravvivenza agli uomini e ai dolci
Un ironico viaggio nella preparazione di una serie di dolci alla portata di tutti (maschi inclusi...)
Storie, consigli pratici e ricette (dolci) spiegate passo passo per rendere più golosa la colazione, la merenda, ma anche un pranzo o una cena in coppia o con amici.
Bellissimo! e che ridere...
L'uomo 'profitterol' magari non lo trovate...nel frattempo potete iniziare a imbiancare di zucchero le vostre splendide labbra ( e anche tutta casa!)
Grazie Francesca!
lunedì 22 settembre 2014
Il giovane favoloso, diretto e reinterpretato da A-blog ( terza e ultima parte )
Terza e ultima parte ( segue le precedenti )
A Roma, lo zio Carlo lo accolse con tutti gli onori ("Ao, anvedi sto bamboccione quant'è cresciuto!"), ma su Leopardi l'imprinting della città eterna fu deludente.
"Tutto qui?!" pare abbia esclamato appena messo piede a Termini.
"Mi sembra che questa città sia piena più che altro di burini."
Rimase a Roma un annetto, durante il quale si atteggiò a superiore altezzoso e non degnò nessuno di uno sguardo.
"Per caso è di Firenze, quel gobbetto laggiù?" si chiedevano gli intellettuali.
"Macchè, viene da Recanati."
"E allora cosa c'ha da darsi tutte quelle arie?"
Ma faceva parte del carattere di Leopardi sentirsi superiore.
Per ammazzare il tempo, frequentava studiosi rigorosamente stranieri e scriveva a suo fratello:
"Caro Carlo, qua è una noia mortale, le ragazze sono quel che sono (oltretutto non capisco perché non mi si avvicinano neanche) e l'unica emozione che ho provato è stato quando ho visitato la tomba di Torquato Tasso. Torno a casa, tanto alla fine stare qui o stare a Recanati cambia poco".
"E' tornato lo sfigato!" urlarono i ragazzi al circolino quando lo videro rientrare, zaino in spalla.
Leopardi era stravolto perché, ora che la rivedeva bene, Recanati gli faceva più schifo di prima e non sopportava l'idea di essere tornato da solo in quella panoramica prigione.
Dalla rabbia perse anche la vena poetica e si buttò sulla prosa ( Operette morali ). Smise del tutto di farsi vedere in giro e il massimo che si concedeva era una boccata d'aria sul terrazzo, a cercare di adocchiare Teresa Fattorini, la figlia di un dipendente di suo padre che abitava proprio nella palazzina di fronte alle sue finestre.
"Babbo, c'è uno alla finestra che mi punta sempre"
"Lascialo stare Teresa, è Giacomo, il figlio primogenito del conte.
"Sarà anche figlio del conte, ma a me con quella gobba fa proprio impressione"
"Però hai visto che fronte alta c'ha? E' segno di una grande intelligenza e poi da che mondo è mondo i gobbi portano fortuna", la tranquillizzava il padre.
Ella (lieta e pensosa) tornava alla faticosa tela, felice di quel vago avvenir che in mente aveva. Giacomo, finita la pausa, rientrava nel suo appartamento e si ributtava alle sue sudate carte.
Non ebbe mai il coraggio di avvicinarla, di dirle una sola parola e solo dopo che Teresa fu morta precocemente di tubercolosi, egli compose un grande idillio nel quale si rivolgeva a lei chiamandola Silvia e simulando un'amicizia mai esistita.
"Vado a Milano per lavoro" disse un giorno a pranzo
"Lavoro?!" trasecolò la madre "Ma se la mattina non ti degni neanche di tirare su le coperte!".
"L'editore Stella mi ha proposto di curare una pubblicazione delle opere di Cicerone".
Ma a Milano, Leopardi non si trovò bene. L'umidità gli dava noia, la nebbia lo rendeva uggioso e di fidanzate neanche il puzzo.
Finalmente trovò un po' di pace a Firenze. Nella città toscana strinse amicizia con tutto il gruppo di letterati.
" Piacere Niccolò Tommaseo. Benvenuto a Firenze mi chiamo Giovanni Battista Niccolini.E' un piacere conoscerla sono Pietro Colletta. Anche lei qui sono Alessandro Manzoni."
Era Manzoni appunto.
"Maestro! Cosa ci fa lei a Firenze?!"
"Lavo i panni!" rispose quello, sganasciandosi in una grassa risata.
Purtroppo Recanati lo attendeva. Il suo corpo lo costrinse all'immobilità assistita e Monaldo fu ben felice di riaverlo a casa.
Giacomo invece era così depresso e disilluso,
A me la vita è male mormorava quasi del tutto cieco.
"Su Giacom, non abbatterti in questo modo, cerca di reagire"
E' funesto a chi nasce, il dì natale ribatteva il poeta.
Per la fortuna dei posteri, egli riuscì a trovare il tempo di comporre i suoi canti più famosi: Il Passero solitario, la quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il Canto di un pastore errante dell'Asia.
Di li a poco rifece la valigia e ripartì per Napoli, seguiva un certo Ranieri che aveva insistito per averlo ospite nella città vesuviana.
"Speriamo che le temperature meridionali e una buona pizza mi siano d'ausilio" si augurò Giaky.
Ma che non stava troppo bene si capì dal titolo che attribuì a una delle sue ultime composizioni (Paralipomeni alla Batracomiomachia).
"Ti senti male?" gli domandò Ranieri.
Giacomo però, confortato dal calore dell'amicizia, si ringalluzzì e fece in tempo a scrivere anche La ginestra e il fiore del deserto,sorta di struggente testamento spirituale, dal quale viene fuori un messaggio di incredibile messaggio di speranza.
Egli ipotizzò per la prima volta che solo l'unione tra gli uomini salverà gli uomini stessi.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo/vuoi di novo il pensiero,/ sol per cui risorgeremo/ dalle barbarie in parte, e per cui solo/ si cresce in civiltà, che sola in meglio/ guida i pubblici fatti.
Sono parole che commuovono, come commuove raggiungere Recanati, parcheggiare l'auto fuori delle mura, attraversare davanti al portone di Palazzo Leopardi, pagare un biglietto che mantiene quello che promette e varcare la stessa soglia varcata da Giacomo, che fece di tutto per recidere il cordone ombelicale, ma che della sua città ha attinto tutta la sua energia e lasciato un'incredibile forza.
Al 16 ottobre
Buona visione da A-blog
ps. Lo so. Non è più il caso che io frequenti Recanati...
A Roma, lo zio Carlo lo accolse con tutti gli onori ("Ao, anvedi sto bamboccione quant'è cresciuto!"), ma su Leopardi l'imprinting della città eterna fu deludente.
"Tutto qui?!" pare abbia esclamato appena messo piede a Termini.
"Mi sembra che questa città sia piena più che altro di burini."
Rimase a Roma un annetto, durante il quale si atteggiò a superiore altezzoso e non degnò nessuno di uno sguardo.
"Per caso è di Firenze, quel gobbetto laggiù?" si chiedevano gli intellettuali.
"Macchè, viene da Recanati."
"E allora cosa c'ha da darsi tutte quelle arie?"
Ma faceva parte del carattere di Leopardi sentirsi superiore.
Per ammazzare il tempo, frequentava studiosi rigorosamente stranieri e scriveva a suo fratello:
"Caro Carlo, qua è una noia mortale, le ragazze sono quel che sono (oltretutto non capisco perché non mi si avvicinano neanche) e l'unica emozione che ho provato è stato quando ho visitato la tomba di Torquato Tasso. Torno a casa, tanto alla fine stare qui o stare a Recanati cambia poco".
Palazzo Leopardi |
"E' tornato lo sfigato!" urlarono i ragazzi al circolino quando lo videro rientrare, zaino in spalla.
Leopardi era stravolto perché, ora che la rivedeva bene, Recanati gli faceva più schifo di prima e non sopportava l'idea di essere tornato da solo in quella panoramica prigione.
Dalla rabbia perse anche la vena poetica e si buttò sulla prosa ( Operette morali ). Smise del tutto di farsi vedere in giro e il massimo che si concedeva era una boccata d'aria sul terrazzo, a cercare di adocchiare Teresa Fattorini, la figlia di un dipendente di suo padre che abitava proprio nella palazzina di fronte alle sue finestre.
"Babbo, c'è uno alla finestra che mi punta sempre"
"Lascialo stare Teresa, è Giacomo, il figlio primogenito del conte.
"Sarà anche figlio del conte, ma a me con quella gobba fa proprio impressione"
"Però hai visto che fronte alta c'ha? E' segno di una grande intelligenza e poi da che mondo è mondo i gobbi portano fortuna", la tranquillizzava il padre.
Ella (lieta e pensosa) tornava alla faticosa tela, felice di quel vago avvenir che in mente aveva. Giacomo, finita la pausa, rientrava nel suo appartamento e si ributtava alle sue sudate carte.
Non ebbe mai il coraggio di avvicinarla, di dirle una sola parola e solo dopo che Teresa fu morta precocemente di tubercolosi, egli compose un grande idillio nel quale si rivolgeva a lei chiamandola Silvia e simulando un'amicizia mai esistita.
Teresa Fattorini - Silvia |
"Vado a Milano per lavoro" disse un giorno a pranzo
"Lavoro?!" trasecolò la madre "Ma se la mattina non ti degni neanche di tirare su le coperte!".
"L'editore Stella mi ha proposto di curare una pubblicazione delle opere di Cicerone".
Ma a Milano, Leopardi non si trovò bene. L'umidità gli dava noia, la nebbia lo rendeva uggioso e di fidanzate neanche il puzzo.
Finalmente trovò un po' di pace a Firenze. Nella città toscana strinse amicizia con tutto il gruppo di letterati.
" Piacere Niccolò Tommaseo. Benvenuto a Firenze mi chiamo Giovanni Battista Niccolini.E' un piacere conoscerla sono Pietro Colletta. Anche lei qui sono Alessandro Manzoni."
Era Manzoni appunto.
"Maestro! Cosa ci fa lei a Firenze?!"
"Lavo i panni!" rispose quello, sganasciandosi in una grassa risata.
Purtroppo Recanati lo attendeva. Il suo corpo lo costrinse all'immobilità assistita e Monaldo fu ben felice di riaverlo a casa.
Giacomo invece era così depresso e disilluso,
A me la vita è male mormorava quasi del tutto cieco.
"Su Giacom, non abbatterti in questo modo, cerca di reagire"
E' funesto a chi nasce, il dì natale ribatteva il poeta.
Monaldo |
Per la fortuna dei posteri, egli riuscì a trovare il tempo di comporre i suoi canti più famosi: Il Passero solitario, la quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il Canto di un pastore errante dell'Asia.
Di li a poco rifece la valigia e ripartì per Napoli, seguiva un certo Ranieri che aveva insistito per averlo ospite nella città vesuviana.
"Speriamo che le temperature meridionali e una buona pizza mi siano d'ausilio" si augurò Giaky.
Ma che non stava troppo bene si capì dal titolo che attribuì a una delle sue ultime composizioni (Paralipomeni alla Batracomiomachia).
"Ti senti male?" gli domandò Ranieri.
Giacomo però, confortato dal calore dell'amicizia, si ringalluzzì e fece in tempo a scrivere anche La ginestra e il fiore del deserto,sorta di struggente testamento spirituale, dal quale viene fuori un messaggio di incredibile messaggio di speranza.
Egli ipotizzò per la prima volta che solo l'unione tra gli uomini salverà gli uomini stessi.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo/vuoi di novo il pensiero,/ sol per cui risorgeremo/ dalle barbarie in parte, e per cui solo/ si cresce in civiltà, che sola in meglio/ guida i pubblici fatti.
Sono parole che commuovono, come commuove raggiungere Recanati, parcheggiare l'auto fuori delle mura, attraversare davanti al portone di Palazzo Leopardi, pagare un biglietto che mantiene quello che promette e varcare la stessa soglia varcata da Giacomo, che fece di tutto per recidere il cordone ombelicale, ma che della sua città ha attinto tutta la sua energia e lasciato un'incredibile forza.
Al 16 ottobre
Buona visione da A-blog
ps. Lo so. Non è più il caso che io frequenti Recanati...
venerdì 12 settembre 2014
Il giovane favoloso, diretto e reinterpretato da A-blog ( seconda parte )
( seconda parte - segue la precedente )
Giacomo era fissato con la manutenzione dei quaderni, mai un orecchio, una sbavatura, mai
un' imprecisione: sembravano tenuti da frati certosini, mica da un normale adolescente.
La filologia lo affascinava, ma fu la filosofia a sconvolgerlo del tutto: dissertava su questioni di logica, morale, fisica teorica e sperimentale con la naturalezza tipica dei giovani maschi che si scambiano le figurine dei calciatori alternando i "celo" ai "mi manca".
Quando si sentì la zucca bella piena di nozioni, esclamò:
"Ora basta con tutta questa erudizione antica : mi voglio dare al bello!".
Darsi al bello per lui voleva dire creare.
E voleva dire anche scappare.
"Ma dove vuoi andare?!" gli dissero il babbo, la mamma e anche i fratelli.
"Ma non lo vedi come tu sei messo male?! Tu sembri una gruccia".
Gliela dicevano in malo modo, ma gli dicevano la verità. Leopardi non aveva ancora vent'anni e addosso portava già tutti gli acciacchi di un vecchio da ricovero. A forza di stare chino sui libri, c'aveva rimesso occhi, colonna vertebrale e salute mentale.
Non vedeva un tubo, deambulava mezzo torto, sulla schiena gli si stava materializzando un'antiestetica gobba ed era spesso cupo, malinconico, pensoso.
"Cos'hai Giaki?" gli domandavano i fratelli.
"Voglio andare via da Recanati"
"Ma perché ? Non ci vuoi più bene?"
"A voi si, certo, ma questo paese mi dà la nausea, ci sto malissimo, non lo sopporto."
"Come mai?"
"Ma non lo vedete voi stessi?! L'unico divertimento qui è lo studio. E l'unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia. Questo è il centro dell'inciviltà e dell'ignoranza europea. Questo posto è un borgo selvaggio, popolato da gente zotica e vil"
"O sfigato! Zotico e vil lo dici a qualcun'altro!" gli gridavano dalla piazzola gli altri ragazzini. "Guardati te, che c'hai i geloni sulle mani e sotto ai piedi!"
"Sentito?" commentava il poeta. "Io non ne posso più."
Il 1817 fu nella vita di Leopardi un anno di svolta: incontrò un amico e s'innamorò di una bella ragazzina.
"Non c'è cosa più divina..." scrisse nel primo verso di un idillio, ma poi lo lasciò inconcluso perché la rima inevitabile (voi la sapete tutti, no?!) che gli suonava in testa avrebbe offeso di sicuro sua cugina Gertrude che a ricambiare quel sentimento non ci pensava per niente.
Per fortuna, l'amicizia con Pietro Giordani lo aiutò a ingoiare il primo di una lunga serie di rifiuti amorosi.
"Tu sei l'unico che mi capisce" scriveva Leopardi.
Stremato dai dolori, dalla cecità, dalle delusioni amorose, avvilito insomma nel corpo e nello spirito , Leopardi un giorno disse: "Basta!" e organizzò una fuga da Recanati.
"Saverio ho bisogno del tuo aiuto" scrisse al conte Broglio D'ajano, un vecchio amico di famiglia, che si rese subito (all'apparenza) disponibile.
"Bisognerebbe che tu mi procurassi un passaporto per il Lombardo-Veneto, me ne voglio andare al Nord, senza però dirlo a nessuno."
"Vai tranquillo" lo rassicurò il conte.
Due minuti dopo, Monaldo era già al corrente dei dettagli.
"E insomma, sentiamo un po' giramondo, dove ti saresti messo in testa di scappare?" chiese Monaldo con una punta di sarcasmo.
Giacomo capì che quel nobile infame aveva cantato come un usignolo, abbassò la testa e tornò in cameretta sua.
Ma se fino a quel momento aveva retto al provincialismo addormentato di una cittadina appartenente alla stato Pontificio, da quel giorno in poi non riuscì più neanche a simulare. In casa ci stava sempre meno e sempre meno volentieri.
"Esco"
"Dove vai?"
"Su, al colle." (dell'Infinito chiaramente)
"Questo ragazzo non sta bene, Adelaide" disse Monaldo alla moglie, "Bisognerebbe fargli cambiare aria".
"Mandiamolo qualche settimana a Roma da mio fratello". Propose la donna.
"A Roma?!" esclamò Giaki, a cui sembrava improvvisamente di sognare. "Davvero babbo, Davvero mamma? Non ci posso credere! A Roma! Che soddisfazione! Dopo averne studiata tutta la gloriosa storia sui libri, potrò vederne dal vero lo splendore! Andrò al cinema a vedere la Grande Bellezza, a studiare la concorrenza, a capire il perché di tanto successo!
Roma! Caput mundi arrivo!"
_fine seconda parte_ pausa vin brulè ( con questo tempo! )
Giacomo era fissato con la manutenzione dei quaderni, mai un orecchio, una sbavatura, mai
un' imprecisione: sembravano tenuti da frati certosini, mica da un normale adolescente.
La filologia lo affascinava, ma fu la filosofia a sconvolgerlo del tutto: dissertava su questioni di logica, morale, fisica teorica e sperimentale con la naturalezza tipica dei giovani maschi che si scambiano le figurine dei calciatori alternando i "celo" ai "mi manca".
Quando si sentì la zucca bella piena di nozioni, esclamò:
"Ora basta con tutta questa erudizione antica : mi voglio dare al bello!".
Darsi al bello per lui voleva dire creare.
E voleva dire anche scappare.
"Ma dove vuoi andare?!" gli dissero il babbo, la mamma e anche i fratelli.
"Ma non lo vedi come tu sei messo male?! Tu sembri una gruccia".
Gliela dicevano in malo modo, ma gli dicevano la verità. Leopardi non aveva ancora vent'anni e addosso portava già tutti gli acciacchi di un vecchio da ricovero. A forza di stare chino sui libri, c'aveva rimesso occhi, colonna vertebrale e salute mentale.
Non vedeva un tubo, deambulava mezzo torto, sulla schiena gli si stava materializzando un'antiestetica gobba ed era spesso cupo, malinconico, pensoso.
"Cos'hai Giaki?" gli domandavano i fratelli.
"Voglio andare via da Recanati"
"Ma perché ? Non ci vuoi più bene?"
"A voi si, certo, ma questo paese mi dà la nausea, ci sto malissimo, non lo sopporto."
"Come mai?"
"Ma non lo vedete voi stessi?! L'unico divertimento qui è lo studio. E l'unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia. Questo è il centro dell'inciviltà e dell'ignoranza europea. Questo posto è un borgo selvaggio, popolato da gente zotica e vil"
"O sfigato! Zotico e vil lo dici a qualcun'altro!" gli gridavano dalla piazzola gli altri ragazzini. "Guardati te, che c'hai i geloni sulle mani e sotto ai piedi!"
"Sentito?" commentava il poeta. "Io non ne posso più."
Il 1817 fu nella vita di Leopardi un anno di svolta: incontrò un amico e s'innamorò di una bella ragazzina.
"Non c'è cosa più divina..." scrisse nel primo verso di un idillio, ma poi lo lasciò inconcluso perché la rima inevitabile (voi la sapete tutti, no?!) che gli suonava in testa avrebbe offeso di sicuro sua cugina Gertrude che a ricambiare quel sentimento non ci pensava per niente.
Per fortuna, l'amicizia con Pietro Giordani lo aiutò a ingoiare il primo di una lunga serie di rifiuti amorosi.
"Tu sei l'unico che mi capisce" scriveva Leopardi.
Stremato dai dolori, dalla cecità, dalle delusioni amorose, avvilito insomma nel corpo e nello spirito , Leopardi un giorno disse: "Basta!" e organizzò una fuga da Recanati.
"Saverio ho bisogno del tuo aiuto" scrisse al conte Broglio D'ajano, un vecchio amico di famiglia, che si rese subito (all'apparenza) disponibile.
"Bisognerebbe che tu mi procurassi un passaporto per il Lombardo-Veneto, me ne voglio andare al Nord, senza però dirlo a nessuno."
"Vai tranquillo" lo rassicurò il conte.
Due minuti dopo, Monaldo era già al corrente dei dettagli.
"E insomma, sentiamo un po' giramondo, dove ti saresti messo in testa di scappare?" chiese Monaldo con una punta di sarcasmo.
Giacomo capì che quel nobile infame aveva cantato come un usignolo, abbassò la testa e tornò in cameretta sua.
Ma se fino a quel momento aveva retto al provincialismo addormentato di una cittadina appartenente alla stato Pontificio, da quel giorno in poi non riuscì più neanche a simulare. In casa ci stava sempre meno e sempre meno volentieri.
"Esco"
"Dove vai?"
"Su, al colle." (dell'Infinito chiaramente)
Sono mesi di dolore e solitudine, nel corso dei quali la natura gli si presenta come una madre pronta a soccorrerlo nei momenti di necessità. Non a caso il colle gli è caro, la siepe pure, il vuoto evoca interminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare disse un giorno, tornando dalla quotidiana passeggiata al colle.
"Questo ragazzo non sta bene, Adelaide" disse Monaldo alla moglie, "Bisognerebbe fargli cambiare aria".
"Mandiamolo qualche settimana a Roma da mio fratello". Propose la donna.
"A Roma?!" esclamò Giaki, a cui sembrava improvvisamente di sognare. "Davvero babbo, Davvero mamma? Non ci posso credere! A Roma! Che soddisfazione! Dopo averne studiata tutta la gloriosa storia sui libri, potrò vederne dal vero lo splendore! Andrò al cinema a vedere la Grande Bellezza, a studiare la concorrenza, a capire il perché di tanto successo!
Roma! Caput mundi arrivo!"
_fine seconda parte_ pausa vin brulè ( con questo tempo! )
A-blog- ringrazia per le immagini Sir Uccio Montevidoni |
mercoledì 3 settembre 2014
Il giovane favoloso, diretto e reinterpretato da A-blog ( prima parte )
E' freschissima di questi giorni la notizia che le Marche sono in scena alla 71°Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia con "Il giovane favoloso", il film di Mario Martone ispirato alla vita di Giacomo Leopardi.
Il GIOVANE FAVOLOSO (clip anteprima)
Ora, a parte il fatto che da quando ho appreso la notizia, così marchigiana come sono, mi sento gasatissima e mi muovo come se vivessi in un set cinematografico, confesso che sono un tantino offesa. Anzi proprio offesa!
No dico: ma come mai nessuno mi ha interpellato come fonte ufficiale?! oppure scritturato per la parte (che ne so) della madre Adelaide Antici, per esempio ( non foss'altro per il piacere di avere almeno in un film un figlio che studia molto ) bah...?!
Comunque stante il fatto, mi toccherà raccontarvi la vera storia di Giaki, quella autentica A-blog, che è un tantino diversa da quella che sapevate finora.
Solo, triste, mezzo ciecato, tartassato dai geloni e gobbo.
Nessun poeta più di Giacomo Leopardi si è guadagnato in tempo reale la fama di infelice.
Non ci fu neanche bisogno di aspettare che morisse per inserirlo nel catalogo degli autori più depressi della storia della letteratura di tutti i tempi e luoghi.
Egli era ancora vivo e (abbastanza) vegeto, quando i suoi compaesani, scorgendolo affacciato d'in su i veroni del paterno ostello, mormoravano: "Guarda lassù chi c'è: lo Sfigato!".
Nessuna biografia impietosisce uno studente più di quella leopardiana.
Nelle femmine scatta l'istinto della crocerossina e tutte vorrebbero essere vissute tra il 1798 e il 1837 e aver avuto la fortuna di incontrarlo su un ermo colle, a chiacchierare da solo dietro una siepe che dall'ultimo orizzonte il guardo esclude, per consolarlo.
Nei maschi invece si risveglia l'atavico gesto antisfiga della grattugia dei bassi fondi.
"Leopardi? Per carità! Quello porta male!"
Nulla di più lontano dalla verità.
Innanzi tutto Giaki non era quel pessimista che ci hanno fatto credere e a dirla tutta non porta affatto male. Anzi. Se c'è un autore grazie al quale un giovane di oggi può sperare in un acchiappo sicuro , quello è proprio lui: il disagio e la difficoltà esistenziale conferiscono un fascino esagerato! (vedi Christian Grey /50 sfumature di grigio/ aveva studiato Leopardi sicuro).
"Si, però intanto Leopardi non ebbe mai una donna" potrebbe ribattere qualcuno.
Vero. Ma per altri motivi: Giaki di Recanati non si lavava quasi mai. Fu questo il problema.
"Giacomo, te la sei cambiata la camicia?" gli chiedeva la madre Adelaide (che io avrei interpretato benissimo-fare la rompi è il mio mestiere). "Ecco un attimo" rispondeva lui.
I colletti delle camicie di Leopardi sono passati alla storia come i più lerci fra quelli di tutti i poeti dal Trecento in poi.
E Adelaide si disperava. In casa era lei che portava i pantaloni. Monaldo, brav'uomo per carità, si era sfortunatamente fatto intortare in alcune speculazioni scriteriate e ci aveva rimesso le mutande. Da quando si era cacciato in testa quella storia di farsi la biblioteca privata più grande d'Italia, spendeva fiumi di banconote in libri. "Per i recanatesi, lo faccio per i recanatesi, affinché possano disporre di questi ventimila volumi e vengano comodamente a prenderne in prestito quanti ne desiderano".
"Ma quei tre, non fanno altro che leggere?! Non scendono mai in piazzetta a giocare insieme a noi?!" si chiedevano i coetanei di Recanati riferendosi a Giacomo e ai suoi due fratelli Carlo e Paolina.
Monaldo se li sistemava tutti e tre nel suo studiolo e periodicamente li sottoponeva al famoso "compito in casa", ma mentre i fratelli studiavano il giusto, Giaky esagerava si perdeva dentro i libri, ci si dimenticava, poi sul suo diario la buttava in tragedia. " studio matto e disperatissimo", ma era proprio lui che voleva sgobbare.
A quattordici anni padroneggiava tre lingue antiche (latino, greco, ebraico) e tre moderne ( inglese, francese, spagnolo).
"Mi licenzio!" disse un giorno il precettore. " Questo è un enfant prodige e ne sa molto più di me, mi mette alla prova e mi fa domande trabocchetto per vedere se ci casco".
_ fine prima parte_ pausa pop corn_
siamo al cinema in anteprima ve lo siete dimenticato? lo spettacolo riprenderà dopo l'intervallo se nel frattempo non sono naufragata in questo mar!!
Il GIOVANE FAVOLOSO (clip anteprima)
Ora, a parte il fatto che da quando ho appreso la notizia, così marchigiana come sono, mi sento gasatissima e mi muovo come se vivessi in un set cinematografico, confesso che sono un tantino offesa. Anzi proprio offesa!
No dico: ma come mai nessuno mi ha interpellato come fonte ufficiale?! oppure scritturato per la parte (che ne so) della madre Adelaide Antici, per esempio ( non foss'altro per il piacere di avere almeno in un film un figlio che studia molto ) bah...?!
Comunque stante il fatto, mi toccherà raccontarvi la vera storia di Giaki, quella autentica A-blog, che è un tantino diversa da quella che sapevate finora.
Solo, triste, mezzo ciecato, tartassato dai geloni e gobbo.
Nessun poeta più di Giacomo Leopardi si è guadagnato in tempo reale la fama di infelice.
Non ci fu neanche bisogno di aspettare che morisse per inserirlo nel catalogo degli autori più depressi della storia della letteratura di tutti i tempi e luoghi.
Egli era ancora vivo e (abbastanza) vegeto, quando i suoi compaesani, scorgendolo affacciato d'in su i veroni del paterno ostello, mormoravano: "Guarda lassù chi c'è: lo Sfigato!".
Nessuna biografia impietosisce uno studente più di quella leopardiana.
Nelle femmine scatta l'istinto della crocerossina e tutte vorrebbero essere vissute tra il 1798 e il 1837 e aver avuto la fortuna di incontrarlo su un ermo colle, a chiacchierare da solo dietro una siepe che dall'ultimo orizzonte il guardo esclude, per consolarlo.
Nei maschi invece si risveglia l'atavico gesto antisfiga della grattugia dei bassi fondi.
"Leopardi? Per carità! Quello porta male!"
Nulla di più lontano dalla verità.
Innanzi tutto Giaki non era quel pessimista che ci hanno fatto credere e a dirla tutta non porta affatto male. Anzi. Se c'è un autore grazie al quale un giovane di oggi può sperare in un acchiappo sicuro , quello è proprio lui: il disagio e la difficoltà esistenziale conferiscono un fascino esagerato! (vedi Christian Grey /50 sfumature di grigio/ aveva studiato Leopardi sicuro).
"Si, però intanto Leopardi non ebbe mai una donna" potrebbe ribattere qualcuno.
Vero. Ma per altri motivi: Giaki di Recanati non si lavava quasi mai. Fu questo il problema.
"Giacomo, te la sei cambiata la camicia?" gli chiedeva la madre Adelaide (che io avrei interpretato benissimo-fare la rompi è il mio mestiere). "Ecco un attimo" rispondeva lui.
I colletti delle camicie di Leopardi sono passati alla storia come i più lerci fra quelli di tutti i poeti dal Trecento in poi.
E Adelaide si disperava. In casa era lei che portava i pantaloni. Monaldo, brav'uomo per carità, si era sfortunatamente fatto intortare in alcune speculazioni scriteriate e ci aveva rimesso le mutande. Da quando si era cacciato in testa quella storia di farsi la biblioteca privata più grande d'Italia, spendeva fiumi di banconote in libri. "Per i recanatesi, lo faccio per i recanatesi, affinché possano disporre di questi ventimila volumi e vengano comodamente a prenderne in prestito quanti ne desiderano".
Biblioteca di casa Leopardi - Recanati |
"Ma quei tre, non fanno altro che leggere?! Non scendono mai in piazzetta a giocare insieme a noi?!" si chiedevano i coetanei di Recanati riferendosi a Giacomo e ai suoi due fratelli Carlo e Paolina.
Monaldo se li sistemava tutti e tre nel suo studiolo e periodicamente li sottoponeva al famoso "compito in casa", ma mentre i fratelli studiavano il giusto, Giaky esagerava si perdeva dentro i libri, ci si dimenticava, poi sul suo diario la buttava in tragedia. " studio matto e disperatissimo", ma era proprio lui che voleva sgobbare.
A quattordici anni padroneggiava tre lingue antiche (latino, greco, ebraico) e tre moderne ( inglese, francese, spagnolo).
"Mi licenzio!" disse un giorno il precettore. " Questo è un enfant prodige e ne sa molto più di me, mi mette alla prova e mi fa domande trabocchetto per vedere se ci casco".
_ fine prima parte_ pausa pop corn_
siamo al cinema in anteprima ve lo siete dimenticato? lo spettacolo riprenderà dopo l'intervallo se nel frattempo non sono naufragata in questo mar!!
mercoledì 13 agosto 2014
Cilento e Maratea, destinazione cool dell' estate 2014
Se dico Cilento, pochi rispondono: ci sono stato!
Altri lo confondono, forse perché non ha mai avuto confini precisi.
E fino a qualche giorno fa neanche io avevo un idea precisa sull'argomento.
In effetti questa parte d'Italia a Sud di Salerno, in Campania al confine con la Basilicata, che si estende dalla costa tirrenica fino all'Appennino campano-lucano, non rientra nelle mete cool di vacanza. ( il che, sarebbe già un buon motivo per andare! )
Nonostante sia già da tempo patrimonio Unesco, Il Cilento non è mai balzato agli onori della cronaca se non per due recenti notizie: una certa Baia degli Infreschi a Marina di Camerota sarebbe "la spiaggia più bella d'Italia 2014" e un certo Enzo Crivella farebbe a Sapri il gelato più buono dell'anno.
Incuriosita e divertita com'ero, già da un paio d'anni dalle scene del film " Benvenuti al Sud " ambientato a Castellabbate, mi sono detta: "jamme ja!" e sono partita ...
Quattro giorni in Cilento e tappa finale a Maratea.
PISCIOTTA
Un sogno sospeso tra mare e ulivi, questo piccolo e arroccato borgo medievale, da cui prende il nome l'Uliva Pisciottana.
Qui, in pieno centro del borgo, tra case, stradine, orti e giardini,
si è trasferito trent'anni fa da Roma Claudio Fezza, per dedicarsi al perfetto restauro conservativo di un antico convento e con i suoi ragazzi Lea e Massimo, ha realizzato un Hotel di charme, dove vi suggerisco di passare almeno una notte.
Pur non essendovi nato Claudio ha i tratti caratteristici del vero Pisciottano. Un uomo scaltro come un saraceno, con la figura di un principe normanno, la gioia e l'arte di un antico greco, signore di vita come uno spagnolo, giusto e saggio come un romano. Sua figlia Lea ne è la giusta erede.
I loro consigli renderanno il vostro soggiorno in Cilento indimenticabile.
Un vero gioiello
Marulivo Hotel di charme
Dalla terrazza si gode un magnifico tramonto e uno straordinario quadro di quel digradare di ulivi nel blu intenso del mare.
Oltre alle Ulive, a Pisciotta dovete assaggiare le Alici di Menaica, diventate da una decina d'anni presidio Slow Food.
La pesca con la Menaide, in dialetto Menaica, veniva praticata non dai pescatori, ma dai contadini nei tempi in cui i cicli dell'agricoltura erano fermi. Le alici di Menaica sono più grandi e perdono la maggior parte del sangue durante la pesca così che la loro carne risulta molto più delicata delle altre.
Se restate in centro, le migliori sono quelle marinate alla Pisciottana del ristorante Osteria del borgo.
Se invece volete scendere in Marina, Donatella nel suo Laboratorio artigianale, vi preparerà una degustazione completa anche di tonno Alalunga, il delicatissimo tonno bianco con sfumature rosa
( hanno anche uno shop on-line, se trovate ancora qualcosa!... io ho fatto man bassa, non avevo mai mangiato un tonno così buono ).
Sempre in Marina c'è il famoso ristorante Angiolina, dove lo chef Tre Gamberi, Rinaldo Merola, prepara solo pesce freschissimo e ricette della tradizione cilentana apprese direttamente dalla mamma.
Gli amanti del mondo del vino legato intimamente al suo territorio non possono perdere l' Enoteca Osteria Perbacco, una delle migliori selezioni di vini del mezzogiorno in una location straordinaria.
Sempre in centro, se avete la fortuna di arrivare durante una delle feste di paese, potete trovare lo spettacolo delle Luminarie, incantevole abitudine di illuminare le strade tipica del Sud.
LE SPIAGGE
Cento km di costa da Paestum a Sapri di mare limpido dove si respira in spiaggia la tranquillità dei luoghi rurali. Poco importa quale spiaggia scegliate, sono tutte molto belle e avete molte possibilità di prenotare escursioni in barca alle Baie ( consiglio il Buon Dormire ) e alle grotte di capo Palinuro.
Ma ci sono due chicche che proprio non potete perdervi.
Una è segreta e non la trovate in nessuna guida, sito o blog. ( se non su A-blog, chiaro! )
I pochi che la conoscono la chiamano Antonio, dal nome del proprietario, che con la moglie Antonietta gestisce questo angolo di paradiso selvaggio, ma perfettamente attrezzato, al grido di "meno siamo, meglio stiamo".
Vi si accede dalla strada principale che da Marina di Pisciotta arriva a Scario. Nei pressi di Centola, dopo lo stabilimento ben indicato Baia degli Angeli, trovate solo una indicazione di parcheggio.
Infilatevi discretamente e...
... godetevi quell'aria rarerafatta, tipica della campagna ma in spiaggia e soprattutto chiedete uno dei manicaretti che Antonietta prepara per i suoi esclusivi clienti. Un must le Melanzane nchiappate, piatto tipico della tradizione cilentana, ripiene con formaggio, mozzarella, in salsa di pomodoro.
La seconda è la meta più cool dell'estate 2014.
Appena eletta non a caso " spiaggia più bella d'Italia", Baia degli Infreschi a Marina di Camerota, è una naturale insenatura ad arco delimitata da scogliere rocciose con un mare limpidissimo e dalle diverse tonalità di verde e blu.
SCARIO e SAN GIOVANNI A PIRO
Scendendo verso sud in direzione Maratea, fermatevi per una passeggiata a Scario, il Borgo Marinaro più bello del Cilento, prima di arrivare a San Giovanni a Piro.
Se siete in cerca di qualcosa di veramente straordinario vi consiglio un sogno che si chiama:
Locanda San Fantino ( special selection: A-blog country-chic vedi prossimamente post dedicato).
Qui tutto ha un aria magica e purificante e tutto racconta la storia e la passione di un uomo:
Sebastiano Petrilli e della sua famiglia che da quattrocento anni è proprietaria delle terre e dei vigneti circostanti ma racconta anche la storia di questo territorio.
L'arredamento della Locanda è interamente realizzato con materiali e mobili locali. Dal marmo dei pavimenti ai legni delle stampelle negli armadi delle camere, tutto in locanda è "local" e realizzato dagli artigiani di San Giovanni a Piro.
Altri lo confondono, forse perché non ha mai avuto confini precisi.
E fino a qualche giorno fa neanche io avevo un idea precisa sull'argomento.
In effetti questa parte d'Italia a Sud di Salerno, in Campania al confine con la Basilicata, che si estende dalla costa tirrenica fino all'Appennino campano-lucano, non rientra nelle mete cool di vacanza. ( il che, sarebbe già un buon motivo per andare! )
Nonostante sia già da tempo patrimonio Unesco, Il Cilento non è mai balzato agli onori della cronaca se non per due recenti notizie: una certa Baia degli Infreschi a Marina di Camerota sarebbe "la spiaggia più bella d'Italia 2014" e un certo Enzo Crivella farebbe a Sapri il gelato più buono dell'anno.
Incuriosita e divertita com'ero, già da un paio d'anni dalle scene del film " Benvenuti al Sud " ambientato a Castellabbate, mi sono detta: "jamme ja!" e sono partita ...
Quattro giorni in Cilento e tappa finale a Maratea.
PISCIOTTA
Un sogno sospeso tra mare e ulivi, questo piccolo e arroccato borgo medievale, da cui prende il nome l'Uliva Pisciottana.
I secolari e maestosi Ulivi Pisciottani, furono dono dei coloni greci. Le prime ipotesi sull'origine di Pisciotta sono collegate alla distruzione di Troia. |
Qui, in pieno centro del borgo, tra case, stradine, orti e giardini,
Pur non essendovi nato Claudio ha i tratti caratteristici del vero Pisciottano. Un uomo scaltro come un saraceno, con la figura di un principe normanno, la gioia e l'arte di un antico greco, signore di vita come uno spagnolo, giusto e saggio come un romano. Sua figlia Lea ne è la giusta erede.
I loro consigli renderanno il vostro soggiorno in Cilento indimenticabile.
Un vero gioiello
Marulivo Hotel di charme
Dalla terrazza si gode un magnifico tramonto e uno straordinario quadro di quel digradare di ulivi nel blu intenso del mare.
Oltre alle Ulive, a Pisciotta dovete assaggiare le Alici di Menaica, diventate da una decina d'anni presidio Slow Food.
La pesca con la Menaide, in dialetto Menaica, veniva praticata non dai pescatori, ma dai contadini nei tempi in cui i cicli dell'agricoltura erano fermi. Le alici di Menaica sono più grandi e perdono la maggior parte del sangue durante la pesca così che la loro carne risulta molto più delicata delle altre.
Se restate in centro, le migliori sono quelle marinate alla Pisciottana del ristorante Osteria del borgo.
Se invece volete scendere in Marina, Donatella nel suo Laboratorio artigianale, vi preparerà una degustazione completa anche di tonno Alalunga, il delicatissimo tonno bianco con sfumature rosa
( hanno anche uno shop on-line, se trovate ancora qualcosa!... io ho fatto man bassa, non avevo mai mangiato un tonno così buono ).
Sempre in Marina c'è il famoso ristorante Angiolina, dove lo chef Tre Gamberi, Rinaldo Merola, prepara solo pesce freschissimo e ricette della tradizione cilentana apprese direttamente dalla mamma.
Gli amanti del mondo del vino legato intimamente al suo territorio non possono perdere l' Enoteca Osteria Perbacco, una delle migliori selezioni di vini del mezzogiorno in una location straordinaria.
Sempre in centro, se avete la fortuna di arrivare durante una delle feste di paese, potete trovare lo spettacolo delle Luminarie, incantevole abitudine di illuminare le strade tipica del Sud.
LE SPIAGGE
Cento km di costa da Paestum a Sapri di mare limpido dove si respira in spiaggia la tranquillità dei luoghi rurali. Poco importa quale spiaggia scegliate, sono tutte molto belle e avete molte possibilità di prenotare escursioni in barca alle Baie ( consiglio il Buon Dormire ) e alle grotte di capo Palinuro.
Ma ci sono due chicche che proprio non potete perdervi.
Una è segreta e non la trovate in nessuna guida, sito o blog. ( se non su A-blog, chiaro! )
I pochi che la conoscono la chiamano Antonio, dal nome del proprietario, che con la moglie Antonietta gestisce questo angolo di paradiso selvaggio, ma perfettamente attrezzato, al grido di "meno siamo, meglio stiamo".
Vi si accede dalla strada principale che da Marina di Pisciotta arriva a Scario. Nei pressi di Centola, dopo lo stabilimento ben indicato Baia degli Angeli, trovate solo una indicazione di parcheggio.
Infilatevi discretamente e...
Antonio -spiaggia privata |
... godetevi quell'aria rarerafatta, tipica della campagna ma in spiaggia e soprattutto chiedete uno dei manicaretti che Antonietta prepara per i suoi esclusivi clienti. Un must le Melanzane nchiappate, piatto tipico della tradizione cilentana, ripiene con formaggio, mozzarella, in salsa di pomodoro.
La seconda è la meta più cool dell'estate 2014.
Appena eletta non a caso " spiaggia più bella d'Italia", Baia degli Infreschi a Marina di Camerota, è una naturale insenatura ad arco delimitata da scogliere rocciose con un mare limpidissimo e dalle diverse tonalità di verde e blu.
Baia degli Infreschi |
SCARIO e SAN GIOVANNI A PIRO
Scendendo verso sud in direzione Maratea, fermatevi per una passeggiata a Scario, il Borgo Marinaro più bello del Cilento, prima di arrivare a San Giovanni a Piro.
Scario |
Se siete in cerca di qualcosa di veramente straordinario vi consiglio un sogno che si chiama:
Locanda San Fantino ( special selection: A-blog country-chic vedi prossimamente post dedicato).
Locanda San Fantino |
Gli arredi "local" della Locanda San Fantino |
Qui tutto ha un aria magica e purificante e tutto racconta la storia e la passione di un uomo:
Sebastiano Petrilli e della sua famiglia che da quattrocento anni è proprietaria delle terre e dei vigneti circostanti ma racconta anche la storia di questo territorio.
L'arredamento della Locanda è interamente realizzato con materiali e mobili locali. Dal marmo dei pavimenti ai legni delle stampelle negli armadi delle camere, tutto in locanda è "local" e realizzato dagli artigiani di San Giovanni a Piro.
Sebastiano Petrilli |
Le viti di Pinot nero del San Fantino |
I prodotti dell'azienda agricola San Fantino in vendita sul sito www.sanfantino.com |
Anche il food è local : marmellate, olio, farine e vino.
Il vino poi è una vera sfida per Sebastiano, che con l'aiuto del fratello Saverio, pioniere della biodinamica, si è divertito a piantare Pinot nero, spostando di quasi 1000 chilometri il limite della coltivazione.
Il risultato è sorprendente, tanto che gli esperti lo hanno definito uno dei migliori d'europa.
Svegliarsi a San Fantino, la mattina è rigenerante e se non bastasse l'aria della Locanda c'è una bellissima passeggiata che conduce fino all'antico sentiero della "manna", dalla cui fonte sgorga l'acqua miracolosa.
Santuario di Maria S.S. di Pietrasanta |
Continuate il viaggio fino a SAPRI dove potrete conoscere l'uomo che sta disegnando il futuro della pasticceria cilentana e mediterranea : ENZO CRIVELLA
Enzo Crivella, aperitivo con gelato all'uliva pisciottana e Fiano di Paestum |
Il gelato Crivella è già stato premiato come il migliore d'Italia, ma Enzo non si ferma e l'amore per la sua terra e i suoi prodotti lo spingono a sperimentare ogni giorno nuovi sapori e abbinamenti, creando interazioni con i maggiori protagonisti della scena gourmand del Sud.
D'obbligo l'assaggio del cannolo cilentano con ricotta di capra e fichi.
Il panettone tardivo di Pietro Macellaro il dolce più cool dell'estate 2014, in vendita a Sapri nella Chocolathera di Enzo Crivella |
In viaggio verso MARATEA si rimane senza fiato, la frastagliata costa è un'alternarsi di scogliere a picco sul mare, spiagge e fantastiche calette.
il verde intenso della folta vegetazione che in alcuni tratti si spinge fin quasi al pelo dell'acqua creando un gioco di incomparabili contrasti con gli azzurri del cielo e del mare. |
Nell'antichità i greci la chiamarono Thea maris,. Oggi la si conosce come la Perla del Tirreno.
E non potrebbe esserci appellativo migliore per Maratea, colori e profumi inebrianti rendono questo angolo di paradiso in terra unico al mondo.
i fantastici tramonti che si tingono di viola |
Se volete fare un po' di mare, qui dove il Tirreno è un po' più blu, il mio consiglio è di pernottare in uno dei bellissimi hotel a picco sul mare, quasi tutti con spiaggia privata.
Spiaggia privata Hotel Villa delle Meraviglie |
Non perdetevi una passeggiata in centro la sera, quando le stradine e i vicoli del centro storico si riempiono di gente e piacevole allegria dettata anche dai buonissimi liquori e rosoli locali.
La farmacia dei sani è decisamente la più mondana delle vetrine di vini e liquori lucani.
In pieno centro anche l'Antica Casa del Tessuto del Cav. Brando è un negozio d'altri tempi con stoffe e tessuti introvabili, che come recita l'insegna hanno arredato " le più belle case d'Italia".
Perfetto per organizzare un vero e proprio corredo all'antica o semplicemente per acquistare un piccolo ricordo di Maratea.
Se qualcuno non ha ancora deciso la meta della sua vacanza, io non avrei dubbi e se invece ci siete già o siete appena tornati, mettete una x sulla prossima vacanza e come me dedicate qualche giorno alla scoperta di questi luoghi magici e "segreti", selvaggi e rurali ancora incontaminati e originali.
Il mio augurio è che possiate incontrare persone come Claudio Fezza e sua figlia Lea, come Sebastiano Petrilli o come Enzo Crivella, che vi trasmettano tutto l'amore e la passione per la loro bellissima e molto amata terra.
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