venerdì 12 settembre 2014

Il giovane favoloso, diretto e reinterpretato da A-blog ( seconda parte )

( seconda parte - segue la precedente )

Giacomo era fissato con la manutenzione dei quaderni, mai un orecchio, una sbavatura, mai
un' imprecisione: sembravano tenuti da frati certosini, mica da un normale adolescente.
La filologia lo affascinava, ma fu la filosofia a sconvolgerlo del tutto: dissertava su questioni di logica, morale, fisica teorica e sperimentale con la naturalezza tipica dei giovani maschi che si scambiano le figurine dei calciatori alternando i "celo" ai "mi manca".





Quando si sentì la zucca bella piena di nozioni, esclamò:
"Ora basta con tutta questa erudizione antica : mi voglio dare al bello!".
Darsi al bello per lui voleva dire creare.
E voleva dire anche scappare.

"Ma dove vuoi andare?!" gli dissero il babbo, la mamma e anche i fratelli.
"Ma non lo vedi come tu sei messo male?! Tu sembri una gruccia".
Gliela dicevano in malo modo, ma gli dicevano la verità. Leopardi non aveva ancora vent'anni e addosso portava già tutti gli acciacchi di un vecchio da ricovero. A forza di stare chino sui libri, c'aveva rimesso occhi, colonna vertebrale e salute mentale.
Non vedeva un tubo, deambulava mezzo torto, sulla schiena gli si stava materializzando un'antiestetica gobba ed era spesso cupo, malinconico, pensoso.

"Cos'hai Giaki?" gli domandavano i fratelli.
"Voglio andare via da Recanati"
"Ma perché ? Non ci vuoi più bene?"
"A voi si, certo, ma questo paese mi dà la nausea, ci sto malissimo, non lo sopporto."
"Come mai?"
"Ma non lo vedete voi stessi?! L'unico divertimento qui è lo studio. E l'unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia. Questo è il centro dell'inciviltà e dell'ignoranza europea. Questo posto è un borgo selvaggio, popolato da gente zotica e vil"

"O sfigato! Zotico e vil lo dici a qualcun'altro!" gli gridavano dalla piazzola gli altri ragazzini. "Guardati te, che c'hai i geloni sulle mani e sotto ai piedi!"

"Sentito?" commentava il poeta. "Io non ne posso più."

Il 1817 fu nella vita di Leopardi un anno di svolta: incontrò un amico e s'innamorò di una bella ragazzina.
"Non c'è cosa più divina..." scrisse nel primo verso di un idillio, ma poi lo lasciò inconcluso perché la rima inevitabile (voi la sapete tutti, no?!) che gli suonava in testa avrebbe offeso di sicuro sua cugina Gertrude che a ricambiare quel sentimento non ci pensava per niente.

Per fortuna, l'amicizia con Pietro Giordani lo aiutò a ingoiare il primo di una lunga serie di rifiuti amorosi.
"Tu sei l'unico che mi capisce" scriveva Leopardi.

Stremato dai dolori, dalla cecità, dalle delusioni amorose, avvilito insomma nel corpo e nello spirito , Leopardi un giorno disse: "Basta!" e organizzò una fuga da Recanati.

"Saverio ho bisogno del tuo aiuto" scrisse al conte Broglio D'ajano, un vecchio amico di famiglia, che si rese subito (all'apparenza) disponibile.
"Bisognerebbe che tu mi procurassi un passaporto per il Lombardo-Veneto, me ne voglio andare al Nord, senza però dirlo a nessuno."
"Vai tranquillo" lo rassicurò il conte.
Due minuti dopo, Monaldo era già al corrente dei dettagli.

"E insomma, sentiamo un po' giramondo, dove ti saresti messo in testa di scappare?" chiese Monaldo con una punta di sarcasmo.
Giacomo capì che quel nobile infame aveva cantato come un usignolo, abbassò la testa e tornò in cameretta sua.

Ma se fino a quel momento aveva retto al provincialismo addormentato di una cittadina appartenente alla stato Pontificio, da quel giorno in poi non riuscì più neanche a simulare. In casa ci stava sempre meno e sempre meno volentieri.

"Esco"
"Dove vai?"
"Su, al colle." (dell'Infinito chiaramente)






Sono mesi di dolore e solitudine, nel corso dei quali la natura gli si presenta come una madre pronta a soccorrerlo nei momenti di necessità. Non a caso il colle gli è caro, la siepe pure, il vuoto evoca interminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare disse un giorno, tornando dalla quotidiana passeggiata al colle.

"Questo ragazzo non sta bene, Adelaide" disse Monaldo alla moglie, "Bisognerebbe fargli cambiare aria".
"Mandiamolo qualche settimana a Roma da mio fratello". Propose la donna.

"A Roma?!" esclamò Giaki, a cui sembrava improvvisamente di sognare. "Davvero babbo, Davvero mamma?  Non ci posso credere! A Roma! Che soddisfazione! Dopo averne studiata tutta la gloriosa storia sui libri, potrò vederne dal vero lo splendore! Andrò al cinema a vedere la Grande Bellezza, a studiare la concorrenza, a capire il perché di tanto successo!
Roma! Caput mundi arrivo!"


_fine seconda parte_ pausa vin brulè ( con questo tempo! )


A-blog- ringrazia per le immagini Sir Uccio Montevidoni














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